Denis - La Storia

13.06.2014 18:27

Donato Bergamini (Argenta, FE, 1962), è uno di quelli che, quando gioca a  pallone, fa, e bene, entrambe le cose. E' un centrocampista eclettico, polmonare, con ottima visione di gioco, piede sagace e sapienza tattica, assai dedito al sacrificio: uno di quei calciatori cui gli allenatori non rinuncerebbero mai, e di cui fanno presto ad innamorarsi. Perché non ci si può non innamorare, non solo sportivamente, di quelli che - come canta Ligabue - passano la vita a giocare generosi: e Donato è uno di questi.

A proposito: chiamatelo, se volete, Denis. Già, perché quasi tutti lo chiamano così. Prima di nascere sua madre legge su un giornale quel bel nome franco-anglofono, se ne innamora, e decide che sarà quello che darà a suo figlio. Quando il bimbo nasce, quindi, papà Domizio va all'anagrafe, e chiede di chiamarlo proprio così: ma all'epoca i primi nomi di derivazione straniera per bimbi dalla cittadinanza italiana erano vietati - la cosa divenne possibile solo dal '66 in poi - e quindi Domizio, che ha già una splendida figlia di nome Donata, senza pensarci troppo, comunica al responsabile dell'ufficio che il suo secondogenito si chiamerà con lo stesso nome della sua sorellina. Ecco perché Denis, last minute, in quella mattina di settembre, nell'ufficio anagrafe di Argenta, diventa Donato. Ma Donato è Denis per tutti, familiari e non, tanto che sarà lo stesso ragazzo, molti anni dopo, a dichiarare ai familiari che, prima o poi, avrebbe voluto cambiarlo. Ma non avrà il tempo di farlo.

Donato è Denis anche per gli amichetti con cui gioca a pallone, tra le strade di Boccaleone. Il fisico, certo, non sta dalla sua parte. Da ragazzino è esile, snello, ma rapido e sgusciante. Il cuore ed il talento, d'altra parte, non hanno involucro che li possa contenere: ed è per questo che, già a 15 anni, Donato si fa notare nelle giovanili dell'Argentana. Il passaggio in prima squadra è fisiologico ed innocuo, così come quello all'Imolese, nell' '82, ed al Russi, in serie D. Quando ha 23 anni, invece, è il Cosenza, che milita in C1, ad accorgersi di lui.

E' una squadra ed una realtà nuova, quella, per Donato. Gli si chiede di spingersi sino all'estremo Sud della penisola, là, dove la realtà è molto diversa da quella romagnola, e la distanza che lo separa da famiglia e amici è, per la prima volta, così ampia. Ma Denis accetta con entusiasmo e trasporto quella proposta: d'altra parte il salto di categoria, e con esso quello professionale, è notevole quanto quella distanza. E le ambizioni del Cosenza, reduce da due settimi posti consecutivi in C, sono anche le sue: diventare grandi, insieme.

Denis diventa sin da subito un punto fermo dei lupi, ed intorno a lui i rossoblù costruiscono un grande centrocampo, che nella stagione '87-'88, con la fiera casacca numero '8′ sulle spalle, spinge Bergamini ed il Cosenza sino alla vittoria del campionato ed allo storico ritorno in B, dopo un, infinito, quarto di secolo d'assenza. Bergamini diviene presto uno degli idoli della squadra. La passione con la quale interpreta il suo ruolo in campo, quello di imprescindibile baluardo della mediana, la dedizione con cui veste la casacca, e la vicinanza emotiva agli appassionati ne fanno uno dei rossoblù più amati dai tifosi . E lui, con altrettanto trasporto ricambia l'amore della città, come ci racconta, in quest'intervista, uno degli storici capi ultras rossoblù dell'epoca, Sergio Crocco, tra i più vicini alla squadra ed alle sue vicende.

Sportivamente le cose vanno altrettanto bene. Denis è stimatissimo da tutti i suoi tecnici, e già nel suo primo campionato rossoblù, l' '85-'86, incasella 24 presenze. E l'anno successivo, difatti, la crescita sua - e della squadra - non s'arresta: in 28 partite mette a segno anche due gol, e si pone al centro del progetto tattico del subentrato Gianni Di Marzio - papà del noto giornalista Gianluca -, che legherà il suo nome in modo indelebile alla storia del Cosenza Calcio. La squadra gioca un buon campionato, ma non va oltre il 4° posto nel girone B della Serie C1. Ma i trionfi, quelli veri, devono ancora arrivare: e sono dietro l'angolo.

Di Marzio, l'anno successivo, riparte dallo stesso Denis. E con lui, in squadra, ci sono anche l'attaccante Lucchetti, il terzino Lombardo, il trequarti Urban, il caro amico, e portiere, Simoni ; ed un futuro campione d'Europa (Juventus, '96) come Michele Padovano, compagno di stanza e molto legato allo stesso Bergamini, tanto da chiamare poi suo figlio proprio 'Denis'.

La cavalcata è clamorosa e vincente, e culmina in quel di Monopoli, il 5 giugno 1988, dove, grazie al pari, il Cosenza di Denis e Di Marzio conquista la promozione aritmetica dei lupi, al cospetto di oltre 10mila tifosi, giunti da Cosenza per festeggiare la storica Serie B. Le istantanee dello stesso Bergamini, portato in trionfo dai festanti cosentini, entrano prepotentemente nella memoria cittadina: ma la corsa verso il successo non è ancora finita: anzi.

Pochi mesi dopo arriva prima il momento dell'esordio di Denis in B (Cosenza-Genoa, 0-0) e poi quello del suo primo ed unico gol tra i professionisti, contro il Licata. Un brutto infortunio - Bergamini si rompe una gamba - lo tiene fuori per metà stagione, ma la tenacia, il suo talento cristallino, misto alla capacità di adattarsi a molteplici ruoli (centrale, ma anche esterno nel 4-4-2) ed al suo elevato rendimento, vengono notate anche da squadre ben più blasonate, come il Parma e la Fiorentina (in cui gioca Roberto Baggio), che più volte proveranno, invano, a convincerlo.

E' il 1988-'89, e quella che sarà poi, tragicamente, l'ultima annata intera della sua carriera vede in panca Bruno Giorgi, futuro mister di Fiorentina, Genoa e Cagliari. L'annata comincia in crescendo, ma finisce malissimo per i calabresi: alla fine del campionato il Cosenza è la squadra che vince più partite, ma chiude solo al 4º posto, ex aequo. A solo un punto dal terzo, ed alla pari di Reggina e Cremonese. Per la - famigerata, e nuova, perché appena introdotta - classifica avulsa dell'epoca, però, quella collocazione significherà solo sesta piazza, ed esclusione dagli spareggi, e col più atroce dei crucci: coi 3 punti a vittoria (all'epoca erano ancora 2) quella squadra sarebbe stata promossa in quanto, solitaria, terza in graduatoria.

Ma l'estromissione dalla storica possibilità di salire in A  - traguardo mai raggiunto dai rossoblù - è solo antipasto e minore dei mali di una delle annate peggiori della squadra, e della città. Il 18 novembre del 1989, difatti, proprio il cadavere di Bergamini viene ritrovato sulla strada statale 106 Jonica, nei pressi del piccolo Comune di Roseto Capo Spulico, ad alcune decine di chilometri dal centro città. Non era mai successo, prima d'allora, che un calciatore, nel pieno dell'attività agonistica, arrivasse a togliersi la vita: almeno questo raccontano i media, già pochi minuti dopo il decesso. Ma la vita, a Bergamini, fu qualcun altro a toglierla.

Per ulteriori informazioni puoi consultare il blog www.denisbergamini.com dove potrai leggere la sua storia sbagliata.